Incontrare un personaggio del carisma di Carlo Gaggioli è un’esperienza di comunicazione e di socialità. Lui la comunicazione la esprimeva con il suo sorriso, la sua affabilità e la sua naturale predisposizione a parlare con tutti, a volte con in mano una delle sue bottiglie pronta ad essere offerta e degustata con lui in un brindisi in allegria.
L’ho incontrato qualche mese prima della sua recente scomparsa, in uno di quegli eventi in cui era sempre presente quando c’era da promuovere il territorio e i suoi vini.
Dopo il mio servizio con altri colleghi sommelier, Carlo si è seduto a tavola con noi e, tra qualche foto e un abbraccio caloroso, ha condiviso con noi un brindisi con il suo Brut Rosato “Letizia”, dedicato a sua figlia: in un rosa molto tenue un’esplosione dissetante di freschezza e di persistente piacevolezza, un finale di giornata delicatamente spumeggiante in compagnia di chi quel vino lo produceva.
La sua passione per il vino e per il territorio è nata quasi come una scommessa con se stesso. Come lui spesso ripeteva, “ho avuto la presunzione di produrre vini di qualità” e in 93 anni, di cui 60 dedicati al vino e al territorio, Carlo Gaggioli ha superato le aspettative della sua scommessa.
Il suo primo amore – la zootecnia – lo aveva portato come veterinario a muoversi nel territorio a lui caro dei Colli Bolognesi, proprio lì dove, tra i filari del Podere Bagazzana sulle colline di Zola Predosa, ha realizzato la sua passione di diventare anche vignaiolo.
E’ qui che troviamo l’azienda agricola e vitivinicola Gaggioli, nata dalla scommessa e dalla presunzione di un veterinario aspirante vignaiolo di voler “realizzare un ottimo vino da un’uva bella, buona ma difficile da lavorare: il Pignoletto (Grechetto Gentile)”.
Carlo Gaggioli ha fortemente creduto nelle potenzialità di questo vitigno autoctono, tanto da divenirne il pioniere e poi il Re, sì, con la “r” maiuscola, così come la P di Pignoletto che campeggia in primo piano e in evidenza sull’etichetta della bottiglia, dapprima sullo spumante 100% Pignoletto e poi nelle versioni fermo e frizzante.
La sua saggia scelta, in controtendenza per l’epoca, di puntare su un vitigno autoctono ha creato le basi per la costituzione del Consorzio dei Vini dei Colli Bolognesi, di cui Carlo Gaggioli è stato vice Presidente, riuscendo a coinvolgere nella sfida del Pignoletto anche tanti altri produttori che, insieme a lui, hanno saputo lavorare sulla vinificazione di quest’uva autoctona, unendo tradizione e innovazione, con un’attenzione alla salvaguardia dell’ambiente.
Mi piace ricordare Carlo Gaggioli con le sue parole in cui celebra la sua scommessa vinta: “il Pignoletto è il vitigno bandiera dei Colli Bolognesi. […] E’ un vino facile da bere ma con una bella persistenza aromatica e dal piacevole finale di mandorle amare. Per i tanti concorsi vinti sono stato nominato ‘re del pignoletto’, […] è un orgoglio per me ma anche per tutti i produttori che credono in questa varietà d’uva, perché il Pignoletto merita molto di più”.
Anche tu, Carlo, hai meritato la regalità di un visionario pioniere e custode del Pignoletto.
A cura di Stefania Raspa, Sommelier.